IL TATUAGGIO E LE DONNE DELLA TRIBU' DI ASSAQER
Se vi capitasse di incontrare una delle donne anziane della tribù di Assaqer, notereste
immediatamente i semplici e graziosi tatuaggi tratteggiati in diverse parti del suo viso, potreste
tranquillamente pensare che oggi sia normale incontrare una donna tatuata. In realtà le cose stanno
diversamente e rimarreste davvero sconcertati nell’ apprendere che le origini di questa usanza
risalgono a ben prima del 1948!
Una domanda sorgerebbe spontanea, considerando che, nel mondo islamico, il tatuaggio è una
pratica condannata dal punto di vista religioso: si tratta di una tribù che non si pone il problema
dell’osservanza dei precetti dell’Islàm o forse c’è dell’altro?
bisogna notare come oggi le donne della tribù di Assaqer abbiano ormai abbandonato questa
pratica, che un tempo era molto diffusa e inserita in una quotidianità dalla quale traeva anche una
sua specifica funzione a livello sociale.
Ma cosa spingeva le donne della tribù di Assaqer a tatuarsi? E come mai oggi le cose sono tanto
cambiate? Affinché tutte queste domande trovassero delle risposte, mi sono cimentato in una serie di interviste, ben consapevole che queste donne anziane avrebbero potuto rifiutare l’idea di affrontare
tali tematiche, e considerando anche l’eventualità che potessero essere troppo avanti con gli anni
per poter ricordare. Al di là di ogni mia aspettativa, invece, non solo queste vecchiette sono state
oltremisura gentili e disponibili, ma hanno anche dimostrato di avere davvero un’ottima memoria!
La prima donna che ho intervistato aveva il viso completamente tatuato. Mi disse che si chiamavano
"Ghawà", e che facevano parte di un rituale molto diffuso tra le giovani donne della sua tribù. Stando
alle sua parole, Ghawà è l’intero processo di preparazione della donna, che comprende i Daqqa,
cioè tatuaggi, la pittura con la henna e i cosiddetti Zumàima, cioè i cerchietti che venivano
applicati alle narici. Tutti questi ornamenti, per le donne dell’epoca, erano fondamentali per attrarre
l’attenzione e conquistare i giovani dell’altro sesso. In quest’ottica, il Ghawà era una moda che
mirava a rendere più bella la donna per conquistare il più forte tra i giovani uomini della sua tribù:
accrescendo il proprio fascino, la donna avrebbe attratto l’uomo, facendo in modo che lui la
corteggiasse e cominciasse a pensare a lei come alla compagna della sua vita.
Ho chiesto poi ad un’altra anziana signora di inquadrare queste usanze dal punto di vista religioso, e
lei mi ha semplicemente risposto: “All’epoca eravamo cosi ignoranti... non sapevamo molto delle
regole e dei precetti dell 'Islàm”.
Successivamente, le ho domandato per quale motivo, secondo lei, le giovani di oggi hanno
rinunciato alla tradizione del Ghawà: “Adesso”, mi ha risposto, “le ragazze sono molto più istruite,
senza parlare poi dei nuovi cosmetici e pratiche di bellezza che un tempo non esistevano”.
A quanto pare, dunque, al giorno d’oggi, anche le ragazze della tribù di Assaqer si truccano il viso
proprio come tutte le altre esponenti della nuova generazione, ben sapendo che il tatuaggio è
considerato haràm, cioè "proibito" dall’Islàm.
I tatuaggi tipici della tradizione femminile della tribù di Assaqer erano molto semplici ed essenziali;
nè esistevano di vari tipi, tutti molto diversi tra di loro ed ognuno aveva un suo nome specifico.
Venivano eseguiti da donne “specializzate” che si spostavano di tribù in tribù al grido di
“Daqqàt Daqqàt (Tatuaggi... tatuaggi!)”, realizzando disegni e tratteggi di varie fogge e
grandezze, in diverse parti del corpo. Quando le giovani della tribù sentivano il richiamo delle
tatuatrici, rispondevano accorrendo in strada e, dopo qualche breve scambio di battute, decidevano sia il tipo di disegno che la zona del corpo da decorare.
Quella di Assaqer è una delle tante tribù che vivevano nei dintorni della città di Bisan, in Palestina, e che nel 1948
furono costrette dall’esercito sionista ad abbandonare le proprie terre.
Il termine indica l’obbiettivo che la donna si proponeva di raggiungere tramite la bellezza e il fascino del tatuaggio stesso: la conquista del suo uomo. Il tatuaggio più diffuso in assoluto era chiamato Sayyàl, e consisteva in un tratteggio leggero che
partiva dalla base del labbro inferiore e scendeva fin sotto il mento. Era possibile anche realizzare
più di un Sayyàl, uno accanto all’altro.
Un altro tipo di tatuaggio molto in voga all’epoca era il "Swawarib al Jondi" , cioè “Il Pizzo del
Soldato”, che era costituito da un tratteggio che partiva dagli angoli del labbro inferiore e
circondava l’intera area del mento. Molte giovani donne sceglievano invece un altro tipo di
tatuaggio, chiamato "Tardi", preferito per la sua semplicità: due trattini, uno a destra e uno a sinistra
rispetto all’attaccatura del naso alla fronte.
Durante il corso delle mie interviste, molte donne mi hanno raccontato dell’ abitudine di decorare
con tatuaggi anche zone piuttosto delicate del corpo: gambe, polpacci, seni, caviglie... era frequente
il tatuaggio di una cavigliera sul collo del piede e di un albero sui seni , un albero talmente esteso da
coprire quasi tutta la parte anteriore del torace!
Una volta che la giovane aveva scelto il tatuaggi o e la zona del corpo da decorare, la tatuatrice
procedeva eseguendo il tratteggio con il kohl ; successivamente, fissava il disegno incidendolo
sulla pelle con un ago sottile intinto in una specie di inchiostro blu, in modo da mescolare,
all’interno dell’incisione, il liquido colorato con le gocce di sangue della ragazza. Quindi si faceva
“riposare” il tatuaggio per dare il tempo alla pelle di assorbire e trattenere il colore. Alla fine
dell’intero processo, la giovane beveva una tazza di caffè arabo e ricompensava la tatuatrice
offrendole uno scialle, qualche vecchio indumento oppure del cibo.
Le ragazze di questa tribù andavano molto fiere dei loro tatuaggi e biasimavano tutte quelle che
ancora non ne avevano uno.
dott.ssa Pina Sodano e-mail: pinasodano@libero.it
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2 comments:
thanks for the nice topic Donna Pina
Thanks for your topic Donna Pina.
ma'moun
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